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Nicolò Ricciardi - L'indivisibilità tra poesia e pittura "Mi sveglio: non ho memoria di quello che ho vissuto sognando. Penso: "non sono carne. Vivo: mi accorgo di vivere il mio sogno". Queste sono parole del poeta-pittore Nicolò Ricciardi e ogni sua opera, in effetti, è come interpretare un sogno, alla maniera di Freud. Ogni sua pittura va decifrata in senso psicologico e interpretata surrealisticamente. Nei dipinti di Ricciardi il riferimento alle entiche scritture e alla mitologia è ricorrente ( "Apollo e Dafne", "Medea") e come fonte di ispirazione ricorre alle scritture sacre ("Genesi", "Natività") e alla Divina Commedia ("Inferno, Canto 1º", "Paolo e Francesca", "Inferno, Canto XXXIII°"). La caratteristica dei dipinti di questo artista è anche quella di accompagnare ogni opera con un commento scritto, in prosa o poesia e il riferimento alle immagini diventa anche più chiaro , dato che nel surrealismo la realtà figurativa è interpretata come in un sogno e molto spesso non compresa o addirittura fraintesa dal fruitore. Conscio di questa verità Ricciardi ci guida nel suo cammino e ci spiega con parole sue quali sono state le intenzioni che lo hanno condotto a dipingere quell'opera. Questo è un modo del tutto originale di presentare i propri lavori, come un illusionista Ricciardi sfiora e trasmuta i personaggi sacri e profani, senza nascondere le fonti di ispirazione come spesso hanno fatto molti surrealisti, da Ernst a Magritte. Ricciardi vive nel mistero del mondo e preferisce andare in fondo alle cose, usare la pittura come uno strumento del pensiero, del sapere e del sogno. Egli pensa, disegna e scrive per immagini, usa la poesia per descrivere la pittura e, viceversa, si serve delle immagini di un disegno per comporre una poesia. Ricciardi usa tutti i sensi allo stesso momento: la vista, l'udito e il tatto, come elementi necessari per una completa riflessione sull'esistenza umana, insieme all'intelligenza e l'intuizione. Eraldo Di Vita |
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