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Stefano Lugli - Il labirinto dei sentimenti

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Stefano Lugli è nato a Sant'Ilario D'Enza (RE) nel 1967. Adesso vive e lavora a Sordiglio, un borgo sulle colline di Reggio Emilia e non poteva essere altrimenti visto la genuinità, la semplicità e la forza che mette nei suoi lavori.
Inizia a dipingere nel 1985 dopo aver appreso le prime nozioni sulle proporzioni e il disegno da Alessandra Binini, artista reggiana. Per tre anni frequenta l'atelier di restauro di Monica Poli a Genova e apprende l'uso del colore ad olio da Fabio Quartulli, artista della sua terra.
In realtà Stefano Lugli ha un suo personalissimo modo di dipingere che nessun gli ha insegnato, ma che viene direttamente dalla sua spontanea vena creativa di uomo sanguigno, di attento osservatore.

La gioia di tanto colore fluisce a fiotti come il sangue nelle sue vene a delineare anonimi personaggi, spesso grotteschi, come mostri fantastici, animali inquietanti, ai quali l'immaginazione di Stefano Lugli ha dato corpo e anima pittorica.
Le opere di Stefano Lugli sono il frutto artistico del suo entusiasmo e dentro di esse il figurativo popolaresco si anima di surreale, di fantastico, per cui i personaggi e i fatti palpabili potrebbero sparire da un momento all'altro nei meandri dei pigmenti che si sovrappongono quasi per magia per riapparire poco più in là in un giardino incantato.
Collocare in modo cartesiano la pittura di quesro artista è praticamente impossibile; la sua arte si allontana dalla comune coscienza dei primitivi per avvicinarsi a volte al crudo espressionismo, altre volte ci fa pensare a certi sprazzi di Nolde o di Hockney, ma la tecnica con cui Lugli dà vita alle forme, la materia ricca con cui le compone, lo spirito di metamorfosi che trasforma gli animali, la vegetazione, i personaggi protagonisti in tanti elementi da favola sono propri di Stefano Lugli.
In un momento in cui il diluvio di tecniche della visione, dalla videoarte alla performance, ci hanno fatto dimenticare il modo di leggere la semplice figurazione pittorica, le invenzioni di Lugli, da intendersi nel tempo della comunicazione corrente, possono sembrare un semplice scenario che ognuno può riempire come vuole: i segni particolari, le forme delle cose,i loro colori, rientrano nella composizione figurativa con fantasiosa suggestione.
Con Lugli entriamo nel labirinto dei sentimenti: una mente eccitata e bizzarra e non freddamente ragionante quale c'è da aspettarsi da un artista come lui, si capisce che egli dipinge questi quadri quasi come in uno stato di "trance", come se l'inconscio atavico fosse alla base della figurazione di questo pittore delle emozioni e dei sogni; egli non perde occasione di manifestare una felicità di dipingere, con quei colori che sembrano sorgere da un arcobaleno dopo una tepesta ormonale.
L'uomo Lugli si realizza colorando quelle fantastiche immagini, il suo animo si placa, ha trasferito parte della sua poesia sulla tela e ora può tornare a vivere nella "vita reale".
La vicenda dell'arte sembra aver trovato il suo cantastorie nella pittura di Stefano Lugli che entra prepotentemente dentro la storia artistica del nostro tempo, da spettatore e interprete egli vive, o rivive, un passato e un presente, traslati sulla tela secondo un proprio codice immaginifico, il prodotto di uno spitito libero e visionario: sguardi allucinati, mani protese, fisionomie contorte, presenze minacciose, un fare dirompente, senza ripensamenti nè schemi precostituiti, capace tuttavia di assoggettare quelle forme inquietanti all'equilibrio di una vigorosa struttura compositiva definita da gioiose e intense masse cromatiche, stese sul supporto con entusiasmo.
Il mondo favoloso di Stefano Lugli, prepotente,disfatto anche in nome di una fantasia anch'essa prepotente,può apparire lontano dal nostro modo di pensare ma le forme che l'artista rappresenta sono lo specchio di una nostra smania e di una nostra lacerazione mentale, quando tentiamo, da poveri mortali,di recuperare frammenti o rievocare immagini o sentimenti della nostra memoria, lui ci aiuta, con i colori, a liberarci per un momento delle convenzioni e del conformismo, a volare come farfalle tropicali nel giardino incantato della poesia.

Eraldo Di Vita
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