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MICAELA DELFINO Giotto fu considerato, pochi anni dopo la sua morte (1337) colui che aveva ritrovato un'arte scomparsa nel decadentismo bizantino. Le "Rivisitazioni" di Micaela Delfino sono rielaborazioni di opere murali del 500-600 e percorrono un emozionante ritorno al passato che l'artista attualizza inserendo nell'opera oggetti contemporanie nel tentativo di coinvolgere e far interagire due mondi così lontani nel tempo, ma molto simili per quanto riguarda il vissuto emozionale dei protagonisti; un tentativo di annullare qualunque dimensione temporale per proporre una visione univoca dell'uomo ulteriormente arricchita dalla tecnologia. Mentre il mutamento che Giotto aveva perseguito andava verso una razionalizzazione della rappresentazione, dell'organizzazione in uno spazio misurabile (Giotto era anche architetto) e interpretabile oggettivamente, la semplicità (a volte anche grottesca) con la quale la Delfino definisce le sue "Rivisitazioni" affascina l'osservatore e ci fa pensare ad una pagina più bella della nostra storia dell'arte, rivista anche attraveso le esperienze di Cèzanne e degli Impressionisti. Micaela Delfino sventola la sua bandiera (come aveva fatto Giotto a suo tempo) nella battaglia per la liquidazione delle avanguardie, per il "ritorno all'ordine", per il rilancio dell' "italianità" della nostra arte, come nei prini anni del Novecento avevano tentato di fare Soffici e Carrà. Un altro fatto genialoide in queste "Rivisitazioni", come abbiamo già accennato, è quando l'artista gioca introducendo ed evidenziando nelle scene dipinte alcuni elementi di impronta moderna, come i bottoni della camicia di un uomo del Cinquecento, la cerniare lampo (zip) nel vestito della fanciulla del Seicento, oppure l'antenna parabolica sul tetto di un palazzo del Quattrocento e il telefonino portatile o la scatola di patatine fritte (chips) sul tavolo rinascimentale. Le opere assomigliano a pitture murali eseguite sulla calce fresca (affreschi), ma quello che ci colpisce maggiormente nelle "Rivisitazioni" della Delfino sono la scelta degli scorci scenografici e i soggetti ripresi dalle antiche pitture che vanno dal Michelangelo ad Andrea del Castagno, Domenico di Bartolo, Benozzo Gozzoli, Luca Signorelli e molti altri, rienterpretate sul nuovo supporto, si da diventare moderne opere d'arte, capaci di darci , oltre alle originali, nuove emozioni. Anche gli stessi colori che usa la Delfino cambiano di tonalità a seconda del suo stato d'animo nel momento in cui dipinge, svolgendo un ruolo fondamentale di unificazione delle scene nel rapporto tra i vari elementi che, ovviamente, cambiano di funzionalità nel tempo (dal 300-400 ad oggi). Micaela Delfino, con questa serie di dipinti, ci fa immergere in quell'atmosfera che doveva suscitare quella pittura figurativa, varcando i limiti della rappresentazione realista, per iniziare una nuova fase creativa , in parte ricollegabile all'antica storia dell'arte.
Eraldo Di Vita
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