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Giorgio Petraglia: il poeta della pittura

Giorgio Petraglia è un pittore "puro", fonde e fa dialogare nei propri dipinti i timbri forti presenti nello spettro dei colori, rilevandone infine ogni possibile e inconsueta sfumatura.
Senza tradire una ricerca ormai ultraquarantennale, ma anche senza ripeterla, l'artista rinnova il proprio lavoro lasciando cantare il colore e consentendo alla tecnica alcuni "assolo" da manuale, capaci di recare alla pittura quelle tipiche suggestioni della "jam session" musicale.
Il realismo di Petraglia si basa sulla luminosità e sulla grana della superficie dipinta, più che sulla reale rappresentazione. Andando al di là dell'immagine, oltre la superficie dipinta, Petraglia trasfigura l'ordinario, riscoprendo ed evidenziando in esso istanze portatrici di nuovi significati e messaggi universali.
Il legame dell'artista col mondo reale è molto profondo. E' l'approccio alla realtà di un poeta della pittura, che dopo aver osservato il mondo lo restituisce sotto forma di immagini e colori, in una dimensione mito-poetica.
Quando Petraglia ritorna all'analisi di quella condizione esistenziale tipica del suo realismo, lo fa con grande rispetto delle atmosfere delle immagini riprodotte.
Il mito classico di Petraglia è sovente "tradito" dall'incontro, forse inconscio, con l'astrattismo.
Un'opera come "Marina", dove cielo e mare si mescolano tra loro, più che un mare e un cielo, ci ricorda i tentativi di Fautrier e di Tapies prima maniera come, del resto, le opere che più mi emozionano: "Campagne romane" (quel giallo vangoghiano che s'incontra con l'azzurro e il viola del cielo), "Sotto la neve" (un bianco mantello sotto il cielo terso).
Mi piace pensare a Giorgio Petraglia come ad un astrattista-figurativo e non è un controsenso se ci fermiamo ad osservare come lui tratta la figurazione istintiva, l'uso del colore e la poetica evocazione della materia.
Con Petraglia si potrebbe affermare che, essendo la società attuale divenuta astratta, l'astrattismo è diventato una forma di realismo.
La fine del formalismo ha comportato la ridefinizione dei confini tra astratto e figurativo, tendenze queste che, oltre a non essere più antagoniste, convivono all'interno del corpo d'opera di un unico artista.
Che dire poi degli oggetti sulla spiaggia che farebbero invidia a Filippo de Pisis e a Giorgio de Chirico? Come "Corn cob" (la pipa di stelo di mais) o "Lambis" (una grande conchiglia in primo piano sulla spiaggia). Che dire delle campagne romane appena accennate di verde e d'azzurro? Poesia pura! Come "Giugno" o "Per Albano".
Dove la figurazione è più accentuata le pennellate si fanno più grandi e più nervose e i colori si mescolano in bagliori di luce: "Orologio", "Cedri", "Fiori recisi" o "Spigola".
La pittura di Giorgio Petraglia è volta alla ricerca di una classicità pittorica basata, quindi, su tre tendenze opposte: realismo, astrattismo e lirismo, le quali agiscono congiuntamente per la messa in scena delle sue opere.
Non è vero che la pittura di Petraglia, in quanto intrisa di poesia, suggerisca solitudine e abbandono: le sue opere sono sì ricche di contenuto lirico, ma appaiono anche aperte all'ottimismo e alla bellezza di una natura che spesso si nasconde alla nostra sensibilità e ci appare come velata di una incontenibile malinconia.
Nella pittura di Petraglia c'e una specie di lirismo estroverso, così naturalmente proteso verso l'oggettivazione da strutturarsi in un "racconto poetico".
Petraglia non esclude il "racconto" e la sua simbologia figurativa si concretizza spesso in metodo astratto, come impostazione trasfigurata del reale.
Molto spesso, del reale Petraglia coglie solo gli aspetti psiciologici, le sensazioni immediate che gli ispirano un paesaggio, per esempio, e allora il paesaggio diventa colore e luce, in un processo di fantasia autonoma nel ritmo degli spazi, dei segni e dei colori.
Il suo rapporto col reale esterno è solo un presupposto e un pretesto per alimentare l'invenzione. Questa "realtà immaginaria" proietta una luce perentoria e chiara sulla condizione dell'uomo moderno: una luce che si proietta dall'interno, sul cuore umano e ne svela i sentimenti poetici.
Questi larghi cieli e queste azzurre immensità penetrano i quadri di Giorgio Petraglia come le urla di un artista disperato che vuol gridare al mondo la sensibilità di un poeta.
Anche Petraglia, quindi, si nutre di quella stupefazione nei confronti della natura visibile, fra il magico e il metafisico, che è tipica della sensibilità mediterranea moderna e riflessa dalla tradizione dell'arte antica, come il canto di un poeta che ha fuso il paesaggio latino con i sentimenti universali, quelli che fanno di ogni artista un messaggero di umanità.
Oggi l'occhio di Giorgio Petraglia sembra godere in modo più limpido lo spettacolo della natura, coglierne i contrasti esaltanti, reinventare le sue forme e in esse perdersi, lasciarsi andare alla gestualità della mano che inventa situazioni, amministra prospettive, per abbandonarsi al piacere di una pittura sincera.

Eraldo Di Vita  
OPERE
Cliccare sull'opera per ingrandirla.
Marina
1982
Fiori recisi
1982
Spigola
1983
Per Albano
1983
Giugno
1984
Sotto la neve
1986

Orologio
1991
Cedri
a sua volta
1992
Campagna romana
1993
Corn cob
1993
Lambis
1994
Marina
1995
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