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Monica Pennazzi - Un nuovo sistema di relazioni

Monica Pennazzi nasce ad Ancona nel 1972. Dopo gli studi scientifici frequenta la Scuola per Progettisti di Moda presso l'Università degli Studi di Urbino, dove si laurea con lode il 27 marzo 1998. Nello stesso anno inizia un'intensa attività di collaborazione con importanti aziende di moda marchigiane, in qualità di Product Manager dell'uffico stile, disegna una collezione di tessuti per una nota azienda comasca e, nello stesso periodo, inizia a muovere i primi passi nel mondo dell'arte.
Nel 2003 capisce che l'attività di creativa nella moda non può appagare le sue esigenze artistiche, dunque, compie la coraggiosa scelta della via esclusiva dell'arte. Con le idee chiare fin dal principio decide di creare un nuovo termine per definire i suoi quadri-scultura, opere che rompono il confine tra immagine bidimensionale e opera plastica, non più classificabili nelle tradizionali categorie di pittura, ribattezzandole Quadrure.

La dimensione mitopoetica e l'approdo a figure archetipali è fondamentale nell'opera di Monica Pennazzi. Nelle sue "Quadrure" (Quadri-Sculture, un termine coniato dall'artista stessa) c'è la volontà di proporre nuovi miti attraverso un linguaggio originale che superi l'arcaismo di certa scultura e pittura.
Appare chiaro il quadrante culturale della Pennazzi, quello dell'arte vissuta come avventura dentro i linguaggi dell'astrazione, e non solo, con l'intento di attivare una radicale trasformazione dell'opera, da oggetto di rispecchiamento della realtà a spettacolare invenzione di forme inedite, ridefinendo addirittura i confini tra astratto e figurativo, tendenze queste,che, oltre a non essere più antagoniste, convivono all'interno del corpo d'opera di un unico artista.
E' sufficiente esaminare l'ultimo catalogo delle "Quadrure" di Monica Pennazzi per renderci conto di come il figurativo, l'astratto e l'iperspazialismo possano convivere. Opere come "Soffio vitale", "Respiro" o "Palpito" si sposano con " "L'uomo cosmico e la natura", "Frequenza cosmica" e convivono con opere come"Disperatamente qui" o "Reazione inversa" che accennano alla figurazione.
Ecco come la nostra artista frequenta a pieni voti la "Totalart" (Arte Totale), sia nelle forme che nei materiali usati per creare le sue opere (filo di ferro,tela di cotone, vernici, acrilico, colla vinilica, guaina liquida, sabbia, pizzo, legno).
L'artista, design, esteta, architetto, scultrice e pittrice che sono in Monica Pennazzi lavorano all'utopistico intento di modificare il mondo dell'arte, di ricostruire l'opera in base alle proprie esigenze individuali, indifferente ad ogni schematizzazione delle procedure di costruzione e di utilizzo della scienza e della tecnica, costruendo nel silenzio del proprio atelier (ha lavorato a lungo anche per la moda) di originale bricoleur, le proprie invenzioni.
Quello della Pennazzi appare un mondo positivo, irreale come di quell'età infantile nella quale ancora ci si può appropriare delle cose vicine, toccandole, manipolandole, innestandole una nell'altra in nuovi e precari connubi. In questo senso le sue opere sembrerebbero trovare collocazione ideale in qualche artistico museo delle meraviglie e delle stravaganze.
I messaggi che ci vengono da opere come "Sabda", "Ubisum" o "Endiadi Spaziale" sono forse anacronistici, come d'altronde tutte le tracce che ci giungono dalle distanze siderali, ma non meno incantatorie della volta celeste,la quale non è pensabile solo come insieme di bagliori residui. L'intera attività artistica della Pennazzi è segnata dalla compenetrazione di diverse forme di linguaggio, dalla interpretazione del mondo nei suoi principi generativi, primi tra tutti l'ordine e il disordine, la capacità di "visualizzare" il pensiero, l'attenzione alle trasformazioni strutturali, l'ironia, l'idea che il tempo, mai formalizzabile, sia una categoria fondamentale dell'intelletto e dell'azione; lei artista muta la disposizione degli elementi costruttivi di un'opera, così da costruire un codice magico-istintivo, una commistione di linguaggio e colore (il colore serve a dare enfasi alle strutture) una geografia esistenziale che trova il suo punto di convergenza nell'idea di pervasività culturale. In definitiva la Pennazzi non ha voluto inventare solo qualcosa di nuovo, ma ridefinire anche ciò che già esisteva, sottraendo le forme alle precedenti catalogazioni e creado un nuovo sistema di relazioni.Le sue "Quadrure" si collocano in uno spazio del divenire e alludono alla trasformazione che esiste nell'arte moderna.

Eraldo Di Vita

OPERE
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