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Utilizzare la figura in modo astratto
HKOSMOH (M.D.S.)

Autodidatta, in prevalenza astrattista e geometrista, l'artista lavora unicamente su produzioni uniche e non ripetibili e l'impersonalità è alla base delle sue convinzioni come via per una maggiore inclusività.
Margareth Elisabeth nasce in Inghilterra da madre inglese e padre italiano, crescendo sotto l'influenza delle componenti genitoriali che mescolano la calma filosofia inglese alla briosa emotività della vita italiana.
I numerosi viaggi hanno inciso considerevolmente sull'attività dell'artista, inducendo interesse per la ricerca continua. Da subito identifica i suoi lavori con uno pseudonimo che lei ama moltissimo: HKOSMOH, in quanto ritiene di estrema importanza la non identificazione con ciò che non si è scelto, sia esso un nome, un lavoro o altro.
I lavori di questa artista sono l'espressione di un nuovo modo di guardare la vita e Hkosmoh usa le tele come soste contemplative per accedere a nuovi stadi tutti da scoprire.
Hkosmoh sa che l'artista del futuro deve essere necessariamente preparato alla vita per ottenere gli ingredienti indispensabili alla professione che ha scelto:bellezza, qualità, armonia, equilibrio e fa anche uso delle filosofie e discipline orientali come lo yoga-meditazione-fire power.

Sottratte ad una mitologia contemporanea e sommerse in atmosfere surreali, le opere di Hkosmoh (Meg De Simone) non sembrano raccontare avvenimenti attuali, se non quelli di un mondo sospeso fuori dal tempo, in uno spazio mentale, prima e dopo la storia.
L'artista è alla ricerca di forme elementari e primarie che sembrano approdare ad un immaginario mitico, antropo-zoomorfico, disposto secondo un ordine ben calcolato e controllato.
Meg costruisce un crescendo di aspettative e un insieme di simbologie apparentemente decifrabili a vista, ma che in realtà mirano a coinvolgerci in una vertigine più sofisticata.
Essa esprime una forte unità linguistica fra l'astratto e il figurativo, ben sapendo che il secolo presente ha comportato la ridefinizione dei confini fra le due "correnti", che oltre a non essere più antagoniste, convivono all'interno dell'opera di un unico artista.
L'opera di Meg De Simone, pur presentando forme geometriche semplici ed essenziali (il quadrato, il cerchio) ha rinnovato il discorso del dualismo tra astratto e figurarivo, inserendo in queste forme geometriche degli elementi reali. Diciamo pure che lei utilizza la figuraziuone in modo astratto e concettuale.
Desiderando l'unione tra il formale e l'informale Meg unisce la bellezza alla poesia e la sua arte si muove verso la purificazione del segno e del colore, senza arrivare (per il momento) a spingersi al limite estremo dei quadrati completamente neri di Reinhardt o bianchi di Ryman. Lei è l'esempio che non è vero che non c'è più niente di nuovo da scoprire nella pittura moderna, col suo pensiero libero, anche se operante in conformità alle leggi che regolano la forma, la superfice, lo spazio e il colore.
I suoi dipinti sono come mosaici disposti secondo una regolare scansione ritmica, che ripercorre iconograficamente un volto, un profilo o un simbolo e la sua simbologia, di dimensioni mitopoetiche, è facilmente riconducibile alla sua cultura cosmopolita.
Anche i titoli delle sue opere sono istanze portatrici di nuovi significati e messaggi universali, i quali apparrtengono ad una dimensione collettiva a cui ciascuno di noi può avvicinarsi.
Il "Cavallo nettuniano" sembra un unicorno che vola nella spazio colorato, "Custodia" rappresenta due figure stilizzate che custodiscono qualcosa di molto prezioso per l'umanità, mentre simboli diversi si ritrovano in "Fifteen", "Formula", "Hoto", "Ogis", "Orfeo's Voice", "Processione" o "Tinto".
E' un universo metafisico, un mondo che parla agli occhi, ma che si rivolge anche e soprattutto alla nostra capacità di amare i sogni, di indagare il nostro inconscio, di comprendere la ricchezza della nostra cultura.
Meg mostra cose mai viste, le quali ci ricordano che l'immagine non è altro che la traduzione di forme e sensazioni che abitano lo spazio silenzioso della memoria creativa.
Queste opere non vogliono essere dei rebus o un esercizio mentale per il fruitore, ma la loro finalità è quella di sollecitare stupore, contemplazione ed estasi lirica.
Pittura di realtà o di finzione? In verità la realtà è sempre una finzione nella nostra immaginazione e viceversa.
Lo spettatore non deve chiedersi mai che significato abbia l'immagine rappresentata all'interno di un quadro, ma piuttosto che riconosca in quell'immagine qualcosa che gli appartiene, che in qualche modo lo colpisca a livello inconscio, che dentro di lui scatti qualcosa che operi un piccolo conflitto interiore.
Le opere di Hkosmoh, piene di simboli e miti classici, suscitano sensazioni diverse; esse uniscono il linguaggio dell'estetica e del gusto con quello della comunicazione moderna, imperniata su elementi, spesso riconoscibili, incorporati in un astrattismo lirico del tutto personalizzato.

E-mail: megds1@hotmail.com


Eraldo Di Vita  
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